Harry Potter: il cibo come strumento letterario
Il primo saggio che analizza l’accostamento al cibo nel ciclo potteriano, nonostante il fatto che J.K. Rowling gli abbia dato ampio risalto sin dal primo romanzo.
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Saggio per babbani golosi
Chi non si è mai beato dinanzi all’idea di assaggiare i dolci di Mielandia, o un sontuoso banchetto a Hogwarts o, ancora, una cena al desco della famiglia Weasley?
La domanda è ovviamente retorica, ma il motivo per cui le prospettive appena elencate risultano così invitanti è anche frutto, oltre che della naturale golosità umana, di un accurato lavoro di pianificazione nell’uso del cibo da parte di J.K. Rowling.
Ed è proprio questo aspetto che Marina Lenti esamina nel saggio ‘Harry Potter: il cibo come strumento letterario’.
L’autrice offre anzitutto una cavalcata attraverso le possibili influenze narrative, i personaggi ‘dietro ai fornelli’, le coreografie dei banchetti e i problemi di traduzione in termini culinari familiari al pubblico italiano. Quindi passa ad analizzare lo sfruttamento del tema nell’industria del divertimento e il ruolo del cibo come propulsore nella trama o come elemento ludico e sociale, per terminare poi con una giocosa parte composta da un breve ricettario, un laboratorio di pasticceria per i bambini e un quiz a risposta multipla.
Grazie alla sua insolita angolazione, ‘Harry Potter: il cibo come strumento letterario’ si presenta dunque come il più originale fra gli approcci saggistici potteriani adottati sinora nel panorama editoriale.
Quarta di copertina
Il fascino che il cibo, in qualità di strumento letterario, esercita sull’autrice di Harry Potter, e quindi direttamente sulla saga, proviene da lontano: ha infatti radici fin nelle letture d’infanzia.
A differenza dei suoi autori di riferimento però, J.K.Rowling è riuscita a utilizzare il cibo in maniera molto più ampia e sfaccettata, facendogli assumere di volta in volta un ruolo determinante per spingere innanzi la storia, per colorarla di sfumature ludiche, per evidenziarne i risvolti familiari e sociali.
La sua rilevanza è talmente determinante che neppure la magia riesce a comandarlo: non può infatti generarlo dal nulla, ma solamente variarlo nella quantità rispetto a un ammontare preesistente.
E se pensiamo che, fra le altre limitazioni al potere magico, rientrano forze come il vero amore e il dono della vita, possiamo subito comprendere quale posto d’onore J.K. Rowling abbia inteso riservare, all’interno della propria splendida creazione, a ciò che è responsabile del nostro nutrimento, del nostro sviluppo e del nostro sostentamento.
Introduzione
I saggi, le guide e i manuali in lingua italiana su Harry Potter sono ormai una quarantina e, sebbene tale numero sia di gran lunga inferiore rispetto all’analoga produzione in lingua inglese, ciò assicura comunque una piacevole varietà di chiavi di lettura su questa saga magica.
Tuttavia non esisteva ancora, prima della pubblicazione di questo volumetto, un saggio che analizzasse l’approccio al cibo nel ciclo potteriano, nonostante il fatto che J.K. Rowling gli abbia dato ampio risalto sin dal primo romanzo.
Alternando parti prettamente analitiche (come la disamina delle influenze letterarie, la resa italiana dei termini gastronomici inglesi e lo scandire dei momenti conviviali all’interno della trama globale), ad altre più ludiche (un piccolo quiz, un breve ricettario e una sezione dedicata alla cucina per bambini), il cibo come strumento letterario viene esplorato in questa sede nei sui molteplici e variegati aspetti, ricordandoci quanto esso sia un elemento essenziale e determinante per l’umana sussistenza.
Talmente essenziale e determinante che neppure la magia riesce a comandarlo: come ci informa infatti Hermione Granger ne ‘I Doni della Morte’, il cibo rappresenta una delle cinque eccezioni alla Legge di Gamp sulla Trasfigurazione degli Elementi, in quanto non può essere generato dal nulla, ma solamente variato nella quantità rispetto a un determinato ammontare preesistente.
E se pensiamo che, fra le suddette eccezioni, rientrano forze come l’amore e il dono della vita (che, analogamente, non possono essere ingenerate con la magia), possiamo subito comprendere quale posto d’onore J.K. Rowling abbia inteso riservare, all’interno della propria splendida creazione, a ciò che è responsabile del nostro nutrimento, del nostro sviluppo e del nostro sostentamento.
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